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CONFEDERAZIONE ITALIANA SINDACATI LAVORATORI

La Liguria della crisi 2008-2016. Come uscirne? Analisi, proposte e idee per (ri)costruire e far(ci) tornare la voglia di crescere

Indice articoli

Sono oramai otto anni che l’Italia e la Liguria stanno attraversando un periodo di crisi economica e sociale che ci mette tutti di fronte ad una realtà particolarmente complessa. Se nei primi anni si poteva pensare di aspettare che la crisi passasse, oggi ci è ben chiaro che non possiamo più esimerci dal raccogliere la sfida di ipotizzare soluzioni, idee e progetti per riconquistarci un 


ruolo attivo nella costruzione del nostro futuro. Abbiamo bisogno, come dice il titolo scelto per questo intervento, di “Analisi, proposte e idee per (ri)costruire e far(ci) tornare la voglia di crescere”

 Vogliamo domandarci: come sarà la Liguria nei prossimi 10, 20 anni? Quali obiettivi di sviluppo socio-economico del territorio ci vogliamo porre? Come pensiamo di raggiungerli?

Prima di delineare le proposte e le suggestioni che la CISL vuole mettere a disposizione del dibattito pubblico, è importante capire bene cosa è successo in questi ultimi 8 anni e in che situazione si trova la nostra regione oggi.

La Liguria della crisi 2008-2016:

Molti sono i cambiamenti, purtroppo in senso peggiorativi, che hanno interessato la nostra regione negli ultimi 8 anni. La crisi infatti è stata praticamente totale, e ha investito sia le dinamiche demografiche, occupazionali e sociali, che quelle economiche, interessando praticamente tutti i comparti e, in divere misure e intensità, tutti i territori.

Tra il 2008 e il 2015/16, ad esempio, è proseguito il processo di invecchiamento della popolazioneligure, una dinamica già avviata da tempo, che in questo periodo si è ulteriormente aggravata. Basti pensare all’indice dipendenza strutturale: dal62,4% al65,8% e al numero dei 25-44 enni liguri, diminuiti da 432.943 a 348.930.

Sempre nello stesso periodo, è proseguita la crisi economica e produttiva: il valore aggiunto della Liguria è complessivamente diminuito del-3,8%, soprattutto nell’ Industria (- 15,49%), mentre i servizi hanno complessivamente retto (- 0,70%). Una decrescita che quindi ha interessato anche il numero delle imprese attive, che hanno continuato a diminuirerispetto al 2008 ci sono -5.978 imprese attive in meno (-4,19%), soprattutto per quanto riguarda le società di persone (-11,2%).

Sono quindi diminuiti anche gli occupati, soprattutto se giovani e uomini: il tasso di occupazione è sceso dal 63,6% al62,7% (26 mila occupati in meno), tra i 15-24 enni il dato peggiore, con un tasso di occupazione passato dal 25,3% al 16,0%.

Anche analizzando gli occupati per settori economici, si rileva sempre la forte sofferenza dell’industria (- 10,1% occupati) e la manifattura (- 16,4% occupati), mentre rimangono stabili i servizi (-1,7% occupati) e le costruzioni (+1,2%).

Anche un settore particolarmente importante per la nostra regione, quale quello portuale, ci dà segnali di sofferenza: nei porti liguri sono peggiorati i traffici relativi alle merci (-12,7%),mentre sono migliorati quelli dei container (+11,5%)eraddoppiati i passeggeri delle crociere.

La disoccupazionesi rivela in crescita soprattutto per i giovani e con licenza elementare/media:sempre rispetto al 2008 ci sono oggi 29 mila disoccupati in più, con un tasso di disoccupazione passato dal 5,4% al 9,7%, ancora una volta con un dato particolarmente sfavorevole per i 15-24enni il cui tasso di disoccupazione è salito dal 21,8% a 37,9%.

Il livello di innovazione delle aziende, infine, è più basso della media Nord-Ovest e della media nazionale: si spendono infatti per l’Innovazione 5.600 Euro per ogni addetto in Liguria, 7.100 nel Nord-Ovest e 6.200 in Italia.

Da cosa ripartire: punti di forza e potenzialità inespresse della Liguria

Questa, in sintesi, la situazione della nostra regione. Una realtà certo preoccupante, di fronte alla quale occorre reagire, cominciando a ragionare su come e da cosa ricominciare. Quali sono i punti di forza e le potenzialità sulle quali può contare la nostra regione?

Certamente è importante considerare l’elevato livello di capitale umano del quale disponiamo. Illivello di istruzione della popolazione ligure è infatti elevato: abbiamo il 19,7% di laureati tra i 15-64 anni contro il 16,5% del NordOvest e il 15,5% dell’Italia. Un indicatore importante, che rappresenta delle rilevanti potenzialità di crescita, a patto chiaramente che riusciamo a creare le condizioni di contesto e di opportunità per consentire a questi talenti di esprimersi compiutamente, anche e soprattutto puntando sui giovani, che più hanno patito le conseguenze della crisi, come abbiamo visto.

Non bisogna trascurare, poi, che la Liguria conserva ancora una posizione strategica rispetto ai flussi di traffico sia di merci che di persone rispetto al Nord-Ovest e all’Europa. Certamente le capacità competitive dei porti del Nord Europa ci ricordano che la Liguria non può dare per scontato questo vantaggio, ma anzi lo deve difendere e valorizzare con crescente impegno imprenditoriale e istituzionale.

Anche le famiglie liguri rappresentano una risorsa importante per il rilancio della regione. Se in tempo di crisi hanno svolto egregiamente il ruolo di ammortizzatori sociali per i giovani, possono certamente essere protagoniste di un percorso di crescita grazie al loro elevato livello di ricchezza e capacità di risparmio. Una riserva di risorse che potrebbe essere investita nel territorio, chiaramente con strumenti finanziari attrattivi e adeguatamente tutelati 

Non bisogna infine trascurare che la Liguria gode ancora di un buon clima, un alto livello di qualità della vita e di vivibilità, un patrimonio culturale e paesaggistico importante e ancora tutto da scoprire da parte dei grandi player mondiali del turismo organizzato. Qualità che molti territori confinanti ci invidiano, e che, se opportunamente valorizzate, potrebbero essere una chiave di sviluppo e di produzione di valore aggiunto nonché di occupazione importante per la regione.

Certo, valorizzare i punti di forza della Liguria non è facile, ed in fondo se ne parla da anni: se non si sono create ancora le premesse per una piena espressione delle loro potenzialità è evidente che ci sono stati degli ostacoli, inefficienze o inadeguatezze importanti.

Eppure, è indispensabile ragionare, in questo momento, su alcune occasioni delle quali la Liguria potrebbe avvantaggiarsi nei prossimi anni per favorire lo sviluppo dei suoi punti di forza.

Dal punto di vista imprenditoriali, è importante che i soggetti imprenditoriali del territorio sappiano approfittare pienamente delle opportunità che offre Industria 4.0. Una serie di incentivi e sgravi fiscali che favoriscono e rendono particolarmente interessanti le dinamiche di investimento delle aziende nella modernizzazione dei loro processi produttivi, requisito indispensabile per migliorarne la competitività e riavviare i processi di crescita del manifatturiero, settore che, come si è visto, è quello che ha patito di più le conseguenze della crisi.

Un altro settore che presenta delle opportunità di sviluppo importati è certamente quello del turismo e dell’economia della cultura. Un comparto che in qualche modo finora è cresciuto anche grazie a dinamiche dei flussi turistici internazionali ma che ha ampi margini di crescita che vanno favoriti con una politica di investimenti nelle infrastrutture, sia turistiche che viarie, delle quali si parla ormai da troppi anni.

Non va inoltre trascurato, in termini di potenzialità occupazionali, anche l’incremento dei bisogni di cura nell’ambito del sociale: una popolazione che invecchia avrà certamente bisogno di cura e assistenza. Anche in questo caso è importante governare questi processi con politiche mirate a strutturare un mercato del lavoro che, per queste figure professionali, è ancora troppo fragile nelle tutele sia delle lavoratrici che degli assistiti e delle loro famiglie.

Cosa serve a livello strategico

Per approfittare di queste opportunità occorre che la classe dirigente di questa regione si ponga in modo diverso rispetto alle sfide che ci attendono, cominciando da un cambiamento di atteggiamento che passi dalla difesa delle posizioni consolidate ad una maggiore propensione al rischio. Parrebbe un cambiamento impossibile, se guardiamo al nostro passato anche recente, ma, di fronte al progressivo declino sociale ed economico di questa regione, agli effetti di una crisi della quale non si vede ancora la fine, viene da domandarsi: se non ora, quando?

Occorre ritrovare la voglia di crescere e, quindi, di rischiare, a partire dalla questione giovanile. I nostri giovani sono stati i più penalizzati dalla crisi, come i dati occupazionali hanno confermato. Come logica (e sana) reazione, hanno lasciato e stanno lasciando in massa il nostro territorio. Come trattenerli? Come creare e offrire loro opportunità di crescita professionale? Come ragionare e definire un nuovo patto intergenerazionale che sappia trasferire quella protezione, anche economica, che le famiglie hanno certamente garantito ai loro ragazzi in questi anni ad una dimensione pubblica, nella quale i soggetti istituzionali e imprenditoriali del territorio sappiano anch’essi assumersi la responsabilità del futuro di questi giovani?

Il superamento del provincialismo e la costruzione di elementi di attrattività per questa regione non deve inoltre riguardare solo il ritorno dei nostri ragazzi ma anche l’insediamento di nuove aziende. Occorre sviluppare una visione che superi l’appennino, aprendoci al mondo e al nuovo. 

In un mondo globale solo l’internazionalizzazione può fa crescere i territori, mentre il localismo li condanna ad un declino irreversibile. 

Per maturare questo diverso approccio bisogna inevitabilmente essere capaci di selezionare e formare una classe dirigente competente e cosmopolita. Anche, eventualmente, prendendola da fuori. Per quanto sia importante valutare le dinamiche macroeconomiche, ricordiamoci che alla fine, sono pur sempre le persone le vere responsabili del successo delle aziende e del buon funzionamento delle istituzioni.

Per ritrovare la capacità di parlare di futuro abbiamo quindi bisogno di un progetto strategico pluriennale che affronti i problemi complessi con soluzioni articolate, scommettendo su più settori di intervento e su più attori economici. Un progetto strategico che richiede, per essere attuato, che ci si impegni nel fare sistema tra i soggetti istituzionali, sociali e imprenditoriali del territorio regionale, creando un ecosistema efficiente in grado di attrarre e stimolare investimenti sia locali che nazionali/esteri che creino valore aggiunto sul territorio, anche migliorando l’interconnessione del territorio con il Nord-Ovest e le aree interne.

Cosa proponiamo per cominciare…alcune idee fattibili con buona volontà e pochi soldi

Certamente questa che proponiamo è una sfida molto alta, che presuppone un approccio pluriennale che può scoraggiare, soprattutto se guardiamo al nostro recente passato.

Per questo, tenendo comunque come riferimento questa direzione strategica, che ci pare l’unica possibile per questo territorio, ci pare importante proporre alcune suggestioni che ci stimolino a iniziare. 

Da dove partiamo, quindi? Da quello che si può fare, da alcune idee a nostro parere fattibili con buona volontà e pochi soldi.

Per iniziare, non costa niente impegnarsi nel promuovere presso le aziende tutte le occasioni di investimento favorite da Industria 4.0.

Anche un progetto di marketing territoriale che coinvolga il territorio e le parti sociali è un’iniziativa assolutamente realizzabile, in termini di operatività. Un progetto che dovrà/potrà poi essere sostenuto da una più intensa attività di lobby e presenza istituzionale a livello nazionale, anche con iniziative congiunte delle parti sociali e istituzionali locali

A livello occupazionale, riteniamo assolutamente fattibile un rinforzo del sistema duale dell’Alternanza Scuola-Lavoro sul modello tedesco, che offra opportunità di crescita e di inserimento professionale per i nostri giovani.

Per quanto riguarda le infrastrutture, conosciamo bene la complessità e la delicatezza della situazione, ma, in attesa che si sblocchino o si concludano le grandi opere, è possibile impegnarsi comunque nel migliorare i servizi ferroviari e gli scambi con le grandi città, a partire da una maggiore attenzione per gli orari dei treni Genova-Roma/Milano o per l’uso del il binario dell’Ilva per l’aeroporto, giusto per citare gli esempi più evidenti.

Ci piacerebbe, inoltre, che si creasse un punto di riferimento regionale per sfruttare le possibilità dei finanziamenti europei, anche sfruttando le potenzialità di connessioni e di rete dei Liguri all’estero.

Tutte iniziative che, come si vede, sono realizzabili in tempi ragionevoli, con risorse limitate e con buona volontà e impegno. 

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